giovedì 18 novembre 2010

Giovani "non più disposti a tutto", il sindacato dietro l'iniziativa

Prima erano disposti a tutto, ora non più. Hanno tappezzato le città con proposte di lavoro indecenti, poi le hanno coperte con le scritte "non più" ed infine si sono svelati. Ecco la campagna della CGIL per attirare l'attenzione dei giovani precari, quelli più deboli perchè invisibili e ricattabili

I manifesti sul precariato hanno tappezzato diverse città italiane. Erano manifesti ironici per una campagna pubblicitaria che voleva rimettere al centro dell'opinione pubblica il problema del precariato. I manifesti sono presenti anche sul sito web dei Giovani disposti a tutto: "Gruppo bancario cerca laureati con Master in Ingegneria Finanziaria capaci di campare senza soldi" oppure "Network della comunicazione cerca giovani talenti pronti a farsi sfruttare in silenzio".

Manifesti virtuali ma non troppo lontani da una realtà in cui le aziende sono autorizzate a cercare stagisti per attività di scaffalisti o cassieri
senza rimborso spese e per un periodo che può arrivare anche a 6 mesi, o quando si pretende che lo stagista, di fatto alle prime armi, abbia anche esperienza di lavoro.
Ma se il primo obiettivo della campagna dei Giovani disposti a tutto era di denunciare una situazione tanto drammatica quanto paradossale, il secondo obiettivo è quello di rendersi indisponibili, e così i manifesti sono stati coperti ed il loro slogan è cambiato in NON + disposti a tutto. "I manifesti di Giovani disposti a tutto che offrivano proposte di lavoro indecenti comparsi a Roma, Napoli, Bologna, Palermo e altre città italiane sono stati coperti e corretti. Il sito Giovani disposti a tutto è stato occupato e reso per oggi inaccessibile" scrivono in un comunicato. “Giovani Disposti a Tutto rappresenta quello che il mercato del lavoro chiede ai giovani che provano ad entrarci. Gli annunci che ha promosso non sono molto diversi da quelli che si trovano nelle bacheche delle università o nei giornali con le offerte di lavoro.
Ma Giovani disposti a tutto ha perso. Abbiamo occupato il sito perché NON SIAMO PIU’ DISPOSTI A TUTTO
.  E adesso le regole le facciamo noi
."

Ma chi c'è dietro tutto questo?
La campagna della CGIL è arrivata oggi alla sua terza fase, ovvero quella di svelare gli autori della provocazione anonima.

camusso
"E’ nata con una provocazione anonima - spiega la Cgil a www.rassegna.it- Bene, adesso non è più anonima. Ma rimane una provocazione, questo sì. Una denuncia per dare un nome alle cose. E la realtà dei giovani che cercano lavoro ha nomi molto precisi: umiliazione, sfruttamento, frustrazione, rabbia". "Il 'Non +' è per i giovani che sono costretti a lavorare in un modo che non rispetta la loro dignità e i loro diritti". Lo afferma in conferenza stampa la segretaria generale, Susanna Camusso. "Ciò che giustamente i giovani ci rimproverano - continua - è che non riusciamo a dare loro abbastanza voce. Pensiamo che lo sforzo vero di questa campagna sia stato quello di raggiungere i giovani che sono invisibili perché ricattabili, condizione che non permette loro di essere iscritti al sindacato". Invita quindi tutti nella capitale, per la manifestazione nazionale della Cgil di sabato 27 novembre.

mercoledì 23 giugno 2010

Stage: un'opportunità o una delusione?

redatto martedì 15.06.2010 a cura di andrea
Stage, che delusione: spesso non sono all'altezza delle aspettative dei giovani

Un sondaggio condotto dal sito Repubblica degli Stagisti e dall'Isfol rivela che solo il 14% degli stagisti ottiene un contratto (a progetto, a tempo determinato o più raramente a tempo indeterminato). Sono le aziende del settore automobilistico e metalmeccanico quelle che offrono gli stage migliori. Raramente sono soddisfatti gli stagisti del settore bancario e assicurativo, ancora meno quelli che fanno tirocini nelle organizzazioni no-profit e nel mondo della comunicazione



Un sondaggio promosso dal sito Repubblica degli Stagisti in collaborazione con l'ente pubblico Isfol offre una panoramica completa ed esauriente di cosa è diventato lo stage nel mondo del lavoro italiano. A volte una vera opportunità formativa, altre volte semplicemente un lavoro sottopagato o non pagato per nulla. La pubblicazione Stagisti allo specchio, che sintetizza i dati del sondaggio, è illuminante: c'è un crescente scollamento tra l'obiettivo formativo dello stage e l'aspettativa che i giovani rivolgono ad esso: il 30% degli stagisti cerca espressamente nello stage un mezzo per entrare nel mondo del lavoro.


Il rischio dietro l'angolo, sottolineato dal documento, è che gli stagisti diventino dei lavoratori come tutti gli altri, ma pagati meno. I tirocini formativi e di orientamento rappresentano per un numero sempre maggiore di aziende "una scorciatoia per acquisire manodopera a basso o bassissimo costo, con scarse tutele, senza che venga erogata effettivamente una qualche forma di attività di tipo formativo o di orientamento al lavoro".


Analizziamo nel dettaglio che cosa emerge dal sondaggio della Repubblica degli Stagisti. I settori in cui gli stagisti sono più diffusi sono comunicazione, spettacolo e pubblicità: ben il 12% di coloro che vi lavorano è passato attraverso un tirocinio formativo. Raramente però lo stage si trasforma in un rapporto di lavoro stabile. Leggermente diversa la musica nel settore formazione ed educazione, dove quasi il 30% degli stagisti continua a lavorare dopo lo stage. Buone le percentuali anche nel settore telecomunicazioni / Information and Communication Technology, dove il 24% dei tirocinanti si vede confermare con un vero contratto.


Lo stage viene vissuto, come è ovvio che sia, in modo diverso a seconda dall'età che si ha e del momento del proprio percorso formativo in cui lo si fa. Se uno stage durante le scuole superiori è un buon modo per completare la propria formazione e per acquisire consocenze specifiche, chi vive questa esperienza dopo una laurea o un master ammette esplicitamente di vedere lo stage essenzialmente come un traghetto verso il mondo del lavoro. Le speranze raramente si traformano in realtà: solo il 14% degli stagisti, dicono i risultati del sondaggio, ottiene un contratto (a progetto, a tempo determinato o più raramente a tempo indeterminato) e inoltre il 6,8% ottiene qualche collaborazione occasionale. Il conto è presto fatto: solo uno su cinque trova lavoro con lo stage.


Sono le aziende del settore automobilistico e metalmeccanico quelle che offrono gli stage migliori. Il 50% degli interpellati si è detto soddisfatto di uno stage nel settore. Al secondo posto l’area educazione e formazione (57,5% di "buoni" e "ottimi"), al terzo le aziende di servizi socio-sanitari (55,4%). Gli stage in altri settori si rivelano invece di solito meno apprezzati. Raramente sono soddisfatti gli stagisti del settore bancario e assicurativo, ancora meno quelli che fanno tirocini nelle organizzazioni no-profit e nel mondo della comunicazione: qui solo una metà scarsa dei tirocinanti definisce come "postiva" l'esperienza.


Dal sondaggio emerge anche che i tirocini valutati meglio sono quelli promossi da assocazioni professionali o datoriali, come le Camere di Commercio. I peggiori risultano essere invece quelli promossi dai centri per l'impiego: qui i giudizi negativi sono oltre due terzi, con più del 17% di stage definiti addirittura "pessimi".

I consigli degli autori di "Stagisti allo specchio" sono semplici: fare l'esperienza di uno stage il prima possibile, a scuola o all'università, mentre se si è al termine del proprio percorso formativo la domanda deve essere "quanto può essermi davvero utile un tirocinio?". Perché a volte è meglio iniziare a fare un lavoro vero, anche se non esattamente nell'ambito professionale nel quale si vorrebbe entrare e per il quale si è studiato. Senz'altro c'è un urgente bisogno di rivedere le norme che regolamentano lo stage, per difendere al meglio i diritti degli stagisti. Forse davvero, come dice il giornalista Beppe Severgnini (e come recita lo slogan del sito Repubblica degli Stagisti) "L'Italia è una Repubblica fondata sullo stage".

giovedì 26 novembre 2009

SPECIALE RAPPORTO ISFOL 2009














dal sito http://www.isfol.it/





Si è tenuta ieri, presso la Camera dei Deputati, la presentazione del Rapporto Isfol 2009.

Il principale filo conduttore degli interventi che si sono succeduti ha riguardato il potenziamento del capitale umano come elemento cardine di occupabilità, specie in un contesto di crisi, e la necessità di ripensare l'attuale sistema della formazione nel segno di una maggiore integrazione con il mondo del lavoro.

Il Rapporto rapprensenta un appuntamento annuale con il quale l'Istituto fotografa i temi al centro della propria attività di ricerca - formazione e lavoro - analizzando sia l'evoluzione delle politiche che aspetti specifici, nel contesto nazionale e in quello internazionale.


Nella relazione di apertura, il presidente Trevisanato, supportato dai dati sull'occupazione e la disoccupazione, ha commentato positivamente la capacità del sistema Italia di tenuta alla crisi, in risposta alla quale si è ricorso anche a strategie imprenditoriali alternative all'espulsione dei lavoratori, quali la contrazione dell'orario medio di lavoro e l'aumento dei contratti part time.

Per rafforzare il tessuto economico-produttivo Trevisanato ha sottolineato al tempo stesso la necessità di un maggiore sviluppo delle risorse umane - in tutte le declinazioni della formazione - che sia rispondente ai fabbisogni delle imprese.


Il Ministro del Lavoro Sacconi ha sottolineato l'importanza di investire nelle persone e nelle competenze per "sconfiggere l'inattività" attraverso attività "autenticamente formative" e, proprio sulla base del Rapporto Isfol e del prossimo rapporto della Commissione di indagine sulla formazione, ha proposto nuove linee guida per intervenire sul sistema formativo. Terreni di lavoro che riguarderanno, tra l'altro, le metodologie di rilevazione dei fabbisogni - per risolvere l'evidente criticità del mismatch tra domanda e offerta di lavoro - così come l'attività di orientamento professionale, il riconoscimento delle attività di formazione svolte sul lavoro e la rivalutazione delle competenze tecnico-pratiche.


Jader Cané, capo unità aggiunto della Commissione europea, ha invece puntato l'attenzione sull'importanza dei cospicui contributi del Fondo Sociale Europeo in risposta ai problemi reali posti dall'attuale congiuntura negativa.


L'importanza della formazione è stata anche al centro dell'intervento di Giovanni Bocchieri, della Segreteria tecnica del Ministero dell'Istruzione, il quale, a proposito del recente piano di azione per l'occupabilità dei giovani "Italia 2020", ne ha evidenziato due aspetti: il riconoscimento della valenza educativa del lavoro e la valorizzazione dell'apprendimento non formale.

martedì 17 novembre 2009

OGGI A VICENZA SEDICESIMA EDIZIONE DI ORIENTAGIOVANI

dal sito del Sole24Ore, sezione Economia e Lavoro: www.ilsole24ore.com/Economialavoro.shml




Oggi a Vicenza di svolgerà la sedicesima edizione di Orientagiovani, l'evento che ogni anno l'associazione degli industriali italiani dedica all'incontro tra mondo giovanile e mondo dell'impresa. In tale occasione verranno discusse le proposte di Confindustria per i giovani, tra cui: abolire il valore legale del titolo di studio e sostituirlo con un sistema di "certificazione" svolto da agenzie indipendenti; affiancare flessibilità e nuove garanzie; aiutare economicamente gli studenti per facilitare il loro cammino di istruzione e formazione e favorire la mobilità sociale; riformare gli istituti tecnici e consentire un miglior rapporto tra scuola e lavoro.

lunedì 9 novembre 2009

E LA PARTITA IVA PRENDE IL POSTO DEL CONTRATTO

dal sito http://www.repubblica.it/, sezione economia


L'ultima frontiera della precarietà si chiama "partita iva". Altro che indice dell'indomabile vitalità imprenditoriale. Qui si parla di co.co.pro.: collaboratori a progetto costretti a diventare titolari di "partita iva" per non perdere il lavoro, anche se precario.

Difficile stimare quanti siano i lavoratori in transizione verso l'imprenditoria forzata, si può ipotizzare che siano decine di migliaia di persone. Si vedrà meglio quando l'Inps renderà pubblici i numeri sui nuovi iscritti al Fondo Gestione Separata. Lì, dati del 2007, le "partite iva" di professionisti non iscritti ad albi o associazioni erano circa 250 mila, 30 mila in più in un solo anno. Reddito medio intorno ai 15 mila euro, poco più di mille al mese. Dai web designer ai grafici pubblicitari; dai redattori delle grandi case editrici ai lobbisti, fino all'antica, tradizionale, segretaria, imprenditrice di se stessa però. Tutti rigorosamente a mono-committenza, cioè fornitori di una sola azienda. Insomma, false "partite iva".

Di certo questo è un altro capitolo della via italiana alla flessibilità, in cui con il concorso della Grande Recessione, l'obiettivo principale di molte aziende è quello di tagliare i costi per provare a sopravvivere.

Il fenomeno non è nuovo, va detto, ma con la crisi è riaffiorato ovunque, nel ricco settentrione terziarizzato come nella indolente area del lavoro para-pubblico romano. Ed è un fenomeno che spinge una categoria già debole ai livelli più bassi della scala della precarietà. "Le partite iva diventano sostitutive dei co.co.pro.", commenta Patrizio Di Nicola, sociologo alla Sapienza di Roma, tra i più attenti studiosi dell'universo magmatico del laoro precario. Questa è la verità.
A compiere il lavoro da atipico a "libero professionista", senza più nemmeno un accenno di diritti e tutele, è ancora la generazione dei trentenni, l'ala marginale del mercato del lavoro. Eppure questo pezzo di knowledge worker, lavoratori della conoscenza, intellettuali moderni, flessibili e innovativi, avrebbe dovuto rappresentare l'avanguardia di una sorta di neo-borghesia in una società post-industriale. Questa, a sua volta, avrebbe dovuto spingere verso un incremento della produttività e arrestare il nostro declino, sfruttando le nuove tecnologie. La realtà è stata diversa e si è tradotta soprattutto in un progressivo e malcelato tradimento nei confronti di una generazione di giovani professionisti.

Si deve essere "imprenditori di se stessi", come si diceva agli albori della flessibilità. Non si è più dipendenti o para-dipendenti, bensì fornitori. Sulla carta. Perchè nei fatti non cambia nulla: stesso stipendio (ma senza contributi), stesso orario, stesso vincolo di subordinazione. Il fornitore non avrà i benefici previsti per i dipendenti, inclusi assicurazioni, pensione, assistenza e altri benefit riservati agli impiegati. Le attività svolte hanno carattere professionale autonomo ma non si configurano come rapporti di lavoro subordinato o di collaborazione.

Secondo Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil: "Sono due le motivazioni principali che spingono in questa direzione: il costo per le aziende che si riduce all'osso e, poi, la totale libertà d'azione sulle partite iva che possono essere lasciate a casa, prima, e riprese, poco dopo".
L'Italia è la patria del lavoro autonomo: il 27% dell'occupazione complessiva, il triplo rispetto alla Danimarca e il Lussemburgo, il doppio rispetto alla Germania, la Gran Bretagna, la Francia e l'Olanda. Ci supera solo la Grecia. Tutto questo, tra l'altro, ha aiutato anche l'anomalia delle partite iva. Si calcola, infatti, che con queste ultime le aziende risparmino circa il 25% rispetto a una contratto di collaborazione e oltre il 33% rispetto a un contratto di dipendenza.

mercoledì 4 novembre 2009

La formazione: una moda che non tramonta mai!

E’ attualmente in discussione alla Commissione lavoro della Camera dei Deputati la proposta di legge di iniziativa del Senatore Luigi Bobba, che detta norme sul riconoscimento e sulla promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale. La proposta è stata abbinata ad altri due progetti di legge: uno di iniziativa dell’On. Cazzola ed altri, che prevede una delega al Governo per il riconoscimento e la disciplina del diritto dei lavoratori all’apprendimento e alla formazione e l’altro di iniziativa dei Deputati Delfino e Poli, che detta disposizioni per promuovere la formazione professionale, l’occupazione, l’orientamento e il reinserimento professionale dei disoccupati e dei lavoratori ultraquarantacinquenni. Nell’ambito dell’esame delle citate proposte di legge, si sono svolte, presso la Commissione lavoro della Camera, audizioni di rappresentanti dell’Isfol, delle Acli, del Consorzio universitario Almalaurea e di rappresentanti delle parti sociali.
Inoltre, al Senato è stato presentato un disegno di legge d’iniziativa del Sen. Finocchiaro, che detta norme in materia di apprendimento permanente e delega il Governo in materia di individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali, nonché di incentivi all’apprendimento permanente e all’invecchiamento attivo. Infine, la Cgil ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare sull’apprendimento permanente ed ha aperto la campagna per la raccolta delle firme che si concluderà nel prossimo mese di dicembre.

martedì 3 novembre 2009


L'I.S.P.A. Regionale del Lazio organizza, presso la sede della CILA (Confederazione Italiana Lavoratori Artigiani) di Cassino, corsi GRATUITI finanziati da FORMA.TEMP in Addetto al settore Paghe e Contributi e in Contabilità Aziendale.

L'inizio è previsto per Gennaio 2010. Le iscrizioni sono già aperte.

Tutti i requisiti per partecipare gratuitamente sono sulla locandina. Cliccaci sopra per aprirla.